I vuci ri Palermo: Salvo Piparo

Salvo Piparo, venuto alla luce, al buio, al freddo e al gelo, con un parto a regola d’arte …non è figlio d’Arte, ma la sua voglia di raccontare se l’è sempre portata con se ovunque andasse.Irrequieto sin dai tempi dell’incubatrice, dove da li dentro riusciva a capovolgersi, appena è uscito dall’Aiuto Materno di via Lancia di Brolo ha cominciato così a girare il mondo, collezionando durante l’infanzia i piu’ svariati ‘nciuri (soprannomi): prima Pinnuzza poi Macallè ed ancora Gianburrasca, Capitan Fracassa e Vinciguerra.

La responsabilità di così tanta vivacità e monelleria va altresì attribuita in parte, anche al padre artigiano “cardatore di lana” che lo porto’ da sempre a Teatro, a vedere gli ultimi Cabaret dei Travaglini, Scire’ & Pollarolo, Burruano & Li Bassi, L’Opera dei pupi, il Circo…”il Teatro di parola”che a quei tempi era oltremodo ricreativo oltre ad essere creativo, benchè alla fine di ogni primo tempo di uno spettacolo, si cenava quasi sempre con pennette all’arrabiata e soltanto con la bocca piena e “in fiamme”, Salvo si quietava.
Ora, via via camminando, Salvo scoprì usi, cadenze, musioni, movenze e interi mondi, finchè dovette fare i “conti” con le differentissime fazioni di “picciottelli” dei rioni, dove Salvo “nicu” andava tampasiando… e tra una Partannina e un pane e panelle, e tra un “arriva u patri cu tutti i so figghi” e una vampa di S. Giuseppe …dimenticava per sempre la lingua italiana per abbracciare quella “palamita” giusto un tantino pennellata da secolari dominazioni, strascichi e poesia.In seguito, nel corso della sua formazione, Salvo conseguì brillantemente gli studi, presentando per tesi: “un vero dramma”…almeno così fu definito dai pochi eletti che ebbero la fortuna”di assistere …finchè arrivò il giorno in cui il bruco diventò farfalla.

Oggi, girovago e custode a ridosso dei 4 mandamenti, Salvo Piparo “cunta” con l’antica tecnica del Cuntu, la Storia di Palermo e dei suoi pupiddi.Immerso nella ricerca teatrale: dalla tradizione orale dei Cuntastorie, passando dal Meli al Fudduni, allo Schiera di Salvo Licata, raccogliendo il respiro delle strade, dei vicoli, delle antiche piazze di grascia e di quei teatri che gli furono tanto cari, …spoglio di sudditanze e con amorevole passione, Piparo apre bocca e “taglia carne ed ossa”, affabula mentre racconta, tutto ciò che “per memoria”, non avrebbe mai dovuto essere dimenticato …purtroppamente .

Per Salvo Piparo il concetto di “Artista” sta al teorema della Relatività come il sugo sui maccheroni, benchè Salvo ha conosciuto uomini che pur non essendo mai saliti su di un palcoscenico, artisti lo erano a prescindere, e di alcuni di questi ne arrivo’ a cogliere persino qualità di Maestri che senza avere la ben che minima pretesa di insegnare, poi gli insegnarono la vita; uomini semplici, che vivendo in un mondo fatto di pochezze, con tragedie vere e la fame quella dei morsi nelle braccia di chi ti dorme al fianco, dovevano oltremodo inventarsi ogni giorno la vita per potere andare avanti, rimanendo così ben lontani da tutti quei vezzi che portano a lungo andare a manie che sono di futile e fanfaroso protagonismo di cui spesso se ne vestono talentuosi attori, ballerine, autori, registi, comparse, costumisti, cantori, scenografi… posteggiatori e via via discorrendo fino all’ultimo chiodo del carrozone, tutti!